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Il 13 gennaio 2023 è cominciato il mio tirocinio con il gruppo dell’osservazione diretta. Un gruppo in cerchio composto da tirocinanti che stavano per concludere il percorso osservativo e nuovi tirocinanti che, invece, si apprestavano a muovere i primi passi. Il gruppo, inoltre, era composto da tre tutor. Tre donne al timone della nave che ci avrebbe condotto per chissà quali mari. Poche informazioni, poche indicazioni, pochi movimenti da compiere per avviarsi all’osservazione diretta. Domande, dubbi, curiosità iniziavano a martellare il mio cervello.

Il tempo, un buon libro consigliatoci sull’osservazione diretta el’avvioall’osservazione di una seconda media hanno iniziato a sciogliere alcuni punti interrogativi. Secondo Aristotele "ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo" e quella, per l’appunto, era l’onda cavalcata a partire dal 15 marzo presso l’Istituto Comprensivo Via Belforte del Chienti.

Tre sono gli ambiti in cui si è posta l’esigenza di osservare e da cui, poi, l’osservazione ha posto le sue fondamenta: l’autismo infantile precoce, i pazienti psicotici adulti, il bambino all’interno di un contesto istituzionale di tipo educativo. La mia esperienza riguarda il terzo ambito, lo stesso dalla quale l’osservazione si è sviluppata per poi ritornarvi con occhio sempre più aggiornato.

Alla prima osservazione sono uscita dalla classe tremendamente provata dal caos. Sembrava facile. Le indicazioni da seguire erano poche e chiare, prima tra tutte “Senza memoria e senza desiderio”. Il protocollo si intitola “Rumore” ed è lungo tre pagine. Alla discussione del protocollo con il gruppo di lavoro mi è stato detto che è stato fatto di tutto per farmi fallire. Più volte mi sono chiesta se ci fossero riusciti accettando la mia umana limitatezza e l’eventuale fallimento.

Il caos con cui ha avuto avvio tale esperienza mi ha accompagnato per la maggior parte delle osservazioni.La vera svolta, l’essenza di questa esperienza l’ho colta in un augurio riguardante il fatto che il mio caos potesse diventare un caos calmo. Da lì in poi tutto è stato in discesa. Questo augurio mi è stato fatto a seguito della lettura del terzo protocollo, intitolato “Caos sconfortante”, scritto in 6 ore e sfociante in un attacco emicranico.

La scrittura del protocollo, da eseguire dopo almeno24 ore dall’osservazione, quale trascrizione verbale della seduta di osservazione costituisce la chiave di volta dell’intera impalcatura. È proprio con la scrittura che si traducono le proprie emozioni e si recuperano quei frammenti dell’esperienza che non si riteneva nemmeno di avere. Durante l’osservazione non tutto arriva alla percezione consapevole, gran parte si sedimenta in noi. Questa seconda fase dell’osservazione diretta consistente nel rivivere quanto osservato è stata senza dubbio la mia preferita, nonostante la fatica e gli antiemicranici. Attraverso la scrittura cercavo di risistemare i pezzi, frammentati, sconnessi e caotici. La sfida maggiore era la cronologia, in quanto spesso non ricordavo cosa fosse successo prima e cosa fosse successo dopo.Stendermi, chiudere gli occhi e calarmi di nuovo in quell’aula mi aiutava a riflettere, a cogliere le minuzie, che a poco a poco ho cercato di abbandonare al mio controllo.

La terza fase consiste nella lettura del protocollo osservativo con il gruppo di lavoro. Dopo la lettura il gruppo individua un titolo che si presti ad evidenziare e riassumere il cuore del protocollo letto e dell’esperienza fatta. Si tratta di uno sforzo di fantasia utile a personalizzare e caratterizzare il protocollo e anche a distaccarsene. Tra i titoli che maggiormente mi hanno colpito del primo protocollo, “Rumore”, ce ne sono due: “La lotta” ed “Equilibrio.” Una lotta inconscia, tra le mie mura, al fine di non soccombere al caos ed astenermi al giudizio. In altri termini, una vera e propria guerra con me stessa al fine di raggiungere l’equilibrio a cui ho sempre ambito fin dall’inizio.

L’osservazione diretta è un’esperienza duplice, con l’Altro e con se stessi. Nell’osservazione ad orientamento psicoanalitico non vi è aspetto più complesso quanto affascinante della necessità di una trasformazione interna per trasformare lo sguardo con cui si osserva.Non ho osservato ragazz* e docenti, ma la mia ombra su di loro. La soggettività è strumento di conoscenza e l’osservazione se ne serve per rilevare gli aspetti invisibili della realtà.

La nave su cui avevo salpato è approdata l’8 settembre con la restituzione, l’ultima fase prevista dalla metodologia dell’osservazione diretta. Il caos si è sciolto ed è stato letto sotto una nuova lente. Il “Rumore” è divenuto così “La funzionalità del rumore”.

Auguro a tutti coloro che si cimenteranno in quest’esperienza di cavalcare l’onda con la volontà di mettersi in gioco e stendersi sotto il cielo stellato non avendo paura di riviversi osservando se stessi.  La spiaggia in cui approderete sarà solo uno dei possibili porti di un mare aperto.